Il 40% della popolazione italiana vive in aree a rischio, dove il 64% degli edifici non è costruito secondo le norme anti sismiche.
Le conseguenze di un terremoto dipendono anche dalle caratteristiche di resistenza delle costruzioni alle azioni di una scossa sismica. La predisposizione di una costruzione ad essere danneggiata si definisce vulnerabilità. Quanto più un edificio è vulnerabile (per progettazione inadeguata, scadente qualità dei materiali e modalità di costruzione, scarsa manutenzione), tanto maggiori saranno le conseguenze. Infine, la maggiore o minore presenza di beni esposti al rischio (la possibilità cioè di subire un danno sia economico, sia ai beni culturali, sia in termini di vite umane), è definita esposizione. Il rischio sismico, (determinato dalla combinazione della Pericolosità, della Vulnerabilità e dell’Esposizione), è la misura dei danni attesi in un dato intervallo di tempo, in base al tipo di sismicità, di resistenza delle costruzioni e di antropizzazione (natura, qualità e quantità dei beni esposti). La nostra Penisola ha una Pericolosità e Vulnerabilità medio-alta (per frequenza e intensità dei fenomeni, ma anche per fragilità del patrimonio edilizio, infrastrutturale, industriale, produttivo e dei servizi) e un’Esposizione altissima (per densità abitativa e presenza di un patrimonio storico, artistico e monumentale unico al mondo). La Sismicità indica la frequenza e la forza con cui si manifestano i terremoti, ed è una caratteristica fisica del territorio. I valori più elevati di sismicità si concentrano nella parte centro-meridionale della penisola lungo la dorsale appenninica (Val di Magra, Mugello, Val Tiberina, Val Nerina, Aquilano, Fucino, Valle del Liri, Beneventano, Irpinia), in Calabria e Sicilia, ed in alcune aree settentrionali, tra le quali il Friuli, parte del Veneto e la Liguria occidentale. Solo la Sardegna non risente particolarmente di eventi sismici. |
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